lunedì 7 maggio 2018

07/05/18
Il nostro viaggio si conclude qui, oggi.
È stata un'esperienza magnifica che sono orgogliosa di aver portato a termine e di aver vissuto. E sono ancora più contenta di poterla raccontare come testimone e non come lettrice.
L'ultima tappa del nostro fantastico viaggio è stata la Risiera di San Sabba che mi ha stupito essere in Italia: non credevo di averne nel nostro Paese.
Comunque devo dire che l'ho molto apprezzata, aveva un che di misterioso. Le baracche erano di mattoni rossi e costruite intorno alla piazza centrale. La guida ci ha detto che era stato, possiamo dire, rivisitato come campo e proprio ad un lato della piazza c'era una scultura che ritraeva il fumo dell'enorme ciminiera che si trovava anni prima, nel campo di concentramento, l'unico italiano dotato di crematorio funzionante.
Siamo entrati nelle strutture di mattoni, che avevano solo dei resti dei piani di cui era composta. Ogni piano era essegnato ad un tipo di deportato; ne usavano soprattutto due su tre.
Infine da visitare ci sono state le celle, dove venivano rinchiusi deportati, così, senza una ragione ben precisa. La visita si è conclusa con la visita del piccolo museo dentro al campo e con i discorsi che noi ragazzi abbiamo letto, riguardanti le cose che ci hanno maggiormente colpito o che abbiamo apprezzato di più.
Alla fine di questo percorso posso dire di essere felicissima e che ho trovato una cosa comune per tutti i campi di concentramento che ho visitato: l'esterno di alcuni non era male, era allegro, colorato, pieno di persone, con il cielo celeste, ma appena entravi in una fabbrica di morte, TUTTO diventava più grigio, scuro, ti sentivi triste, solo o impotente. Tutto era diverso e l'unica cosa che tu riuscivi a vedere di rassicurante poteva essere il cielo, il cielo che però sembrava convertirsi in un grigio fumo, fumo che probabilmente saresti potuto diventare.
Mi reputo soddisfatta e ringrazio tutti coloro che hanno reso questo viaggio possibile e indimenticabile.
Grazie ancora.
Soemi Mariotti.

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