sabato 5 maggio 2018

Questa mattina Ebeense ci accoglie con la sua apparente tranquillità, con la sua quotidiana normalità fatta di villette con giardino e barbecue annesso.
Questo aspetto mi sconvolse anche sei anni fa alla mia prima visita in questi luoghi. L’arco di muratura dove era montato il portone di accesso al campo è oggi incastonato fra due placide villette ad un piano ed è il simbolo stesso della dolorosa particolarità di questo campo. 
Nell’immeduato dopoguerra il governo austriaco concesse gratuitamente questi terreni a cittadini austriaci, perché costruissero la loro casa, qui, sopra le fosse comuni.
Le gallerie dove lavorarono migliaia di deportati vennero chiuse con assi di legno.
Dimenticare, la popolazione il governo austriaco volevano dimenticare! 
Solo negli anni 60 un gruppo di ex deportati pratesi ritorna in questi luoghi per rivedere con i propri occhi i luoghi del loro immenso dolore. Nessuno dà loro indicazioni ma caparbiamente riescono a ritrovare i confini del campo, salgono alle gallerie, con le loro mani tolgono le assi di legno e ritrovano quei luoghi dell’orrore esattamente come le avevano lasciate il 5 maggio 1945.
La voglia di dimenticare e di seppellire il passato sotto la normalità e la rassicurante quotidianità contro la voglia di resuscitare quello stesso passato anche se doloroso e lo sforzo di mantenerlo vivo giorno dopo giorno, perché quel passato diventi radici per un futuro diverso!

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